Nel replicare alla replica di Fusaro, al fine di provare a
rendere più comprensibili le differenze che ci dividono, procedo per punti.
1) Non
darei troppa importanza all’artificio retorico, utilizzato da Fusaro, di attribuire a
se stesso la capacità di “pensare con la propria testa” e all’interlocutore di
“essere accecato dall’ideologia partitica” (bontà sua, solo “a tratti”). Si
tratta di argomenti a cui ricorre chi spera di “vincere facile” in una disputa,
sfuggendo all’analisi di merito. Poi, in pratica, Fusaro ricicla in modo
acritico le tesi di un altro autore, quindi non mi pare che la sua vantata
“capacità di pensare con la propria testa”, almeno nel caso specifico, produca grandi risultati. E per quanto mi riguarda posso garantire che se c’è
un partito dove è difficile trovare due persone che la pensano allo stesso modo
su tutto, questo partito è proprio Rifondazione Comunista.
2) L’articolo che avevo commentato riguardava un
tema specifico: ovvero il ruolo e la natura del “Bilderberg”. Secondo Fusaro si
tratta di un “governo occulto” che elabora “piani e progetti”. Avendo
approfondito l’argomento con una ricerca che si è tradotta in un libretto (“Il
dossier Bilderberg”), per la stesura del quale mi sono letto tutta la
letteratura principale in merito, sia quella definita “complottista” che quella
scientifica, ho contestato la tesi di Fusaro.
Nessuno di coloro che si sono occupati, direttamente o indirettamente,
del Bilderberg in modo scientifico, anche partendo da premesse metodologiche e
culturali diverse, ha dato finora credito alla visione del Bilderberg come
“governo occulto”. Tra questi si trovano marxisti come Kees van der Pijl e
Stephen Gill, storici delle iniziative della CIA in Europa come Hugh Wilford o
giovani ricercatori non riconducibili alle tesi marxiste come Thomas Gijswijt, Valerie Auburg, Ingeborg
Philipsen ed altri ancora che hanno esaminato l’ampia documentazione esistente
sul Bilderberg.
E’ evidente che Fusaro parla del Bilderberg senza saper nulla di tutto
ciò. L’unica fonte a cui sembra abbeverarsi è Daniel Estulin di cui riprende,
senza citarlo, alcune formule molto precise come quella di “società per azioni
mondiale” e “aristocrazia di intenti”. Io ritengo, a differenza di Fusaro, che
Estulin, come ho cercato di dimostrare ampiamente nel mio libro, sia un autore
del tutto inaffidabile che ricicla materiali “cospirazionisti” di varia
provenienza, per lo più altrettanto inaffidabili. Tra le sue “fonti” c’è
persino un sedicente Gyeorgos Ceres Hatton, Comandante del Settore Pleiadi
della Flotta Intergalattica, che dalla sua astronave Phoenix avrebbe inviato
dei testi di commento sugli avvenimenti terrestri che sono circolati tra alcuni
ambienti ufologici americani. Siccome lo stesso Estulin scrive, almeno
inizialmente, “saccheggiando” le tesi dell’estrema destra “patriottica”
americana, attribuisce al Bilderberg anche l’obbiettivo di voler “instaurare un
regime socialista del Welfare State, in cui gli schiavi obbedienti saranno
premiati e quelli ribelli verranno sterminati”. Obbiettivo credibile quanto
quello (presente nell’edizione originale spagnola, scomparso in quella italiana
successiva) di voler sopprimere 4 miliardi di persone “entro il 2050”.
Su tutto questo, che costituiva la sostanza della mia critica, Fusaro non
risponde nulla applicando il metodo dialogico del: “dove vai? porto pesci”.
3) Anche sottraendo il tema del Bilderberg alle
fantasie “complottiste”, resta un problema di fondo riguardante l’analisi della
fase che attraversa il capitalismo. A me sembra che la crisi derivi, piuttosto
che dalla concentrazione oligarchica del potere nelle mani di poche persone che
decidono tutto, dalle tendenze anarchiche del capitale, tendenze esaltate dalle
politiche neoliberiste. Mi sembra significativo il dibattito che si è aperto
anche sui media confindustriali italiani in occasione della recente crisi delle
borse. Dato che ormai le banche centrali hanno messo in campo tutte le “armi” di
cui dispongono per far reggere il sistema (le varie forme di “quantitative
easing”), si è aperto un vuoto perché non c’è più nessuno in grado di
governarne le contraddizioni. D’altra parte ciò che ha caratterizzato
l’ideologia del blocco dominante del capitalismo degli ultimi decenni non è, per
l’appunto, il desiderio di creare un gruppo ristretto che decide tutto, ma al
contrario di mettere in pratica la metafora del “pilota automatico” (Draghi) partendo
dalla convinzione che il “mercato”, lasciato a sé stesso, sia perfettamente in
grado di autoregolarsi. Certo, l’idea che se le cose vanno male è tutta colpa
di un gruppo di malvagi mosso da cattive intenzioni, risulta alla fine molto
più rassicurante ed è forse una delle ragioni per le quali il “cospirazionismo”
riscuote tanto successo. “Cospirazionismo” al quale Fusaro liscia il pelo.
4) Nella conclusione del mio intervento sostenevo
che, dietro alle critiche che Fusaro rivolge al “Bilderberg”, si intravedono
argomenti propri della destra. Dato che egli stesso spiega di ritenere superate
le distinzioni fascismo-antifascismo e destra-sinistra, mi sembra ovvio che,
dal suo punto di vista, la questione non sollevi alcun problema. E dato che io
invece penso che tali distinzioni restino valide, la commistione tra punti di
vista contrapposti resta un problema perché confonde ambiguamente una critica
“progressiva” con una “reazionaria” al capitalismo. Su questo possiamo dire di
essere d’accordo che siamo in disaccordo e quindi passare al punto successivo.
5) Alla fine bisogna affrontare il tema principale
posto da Fusaro che consiste, mi sembra, nella seguente catena concettuale: va
respinto l’internazionalismo storicamente proprio della sinistra perché
impedisce di rivendicare il ruolo dello Stato nazionale sovrano ed in
particolare la sovranità monetaria.
Premesso che resto un fautore dell’analisi concreta della situazione concreta (di quali Stati parliamo, di quali soggetti sociali, di quali conflitti, ecc.) e
trovo poco sugo in dibattiti general-generici provo a dire la mia. Innanzi
tutto il rapporto tra internazionalismo e ruolo dello Stato nazionale è più
complesso di quanto lo raffiguri Fusaro. Vale per i dibattiti “classici” (Lenin
non la pensava come la Luxemburg, Stalin non la pensava come Trotsky e Gramsci
in una certa misura non la pensava come nessuno degli altri quattro), ma vale
anche per l’oggi. Ci sono forze di sinistra che rivendicano il proprio internazionalismo ma
ciò nonostante ritengono che vada difeso il ruolo dello Stato-nazione e da
questo fanno derivare la proposta di rottura con l’Unione Europea, di abbandono dell’euro, ecc. Da questo punto di vista, la posizione ideologica
di Fusaro che lega indissolubilmente il rifiuto dell’internazionalismo e la difesa dello Stato
nazionale sovrano lo colloca sicuramente a destra.
A mio modesto parere, nella sua
esaltazione del ruolo dello Stato nazionale, Fusaro commette due errori di
fondo, tra loro collegati. Il primo è di trasformare lo “Stato” in un oggetto
metafisico e metastorico. Lo “Stato” disincarnato di Fusaro diventa per sua natura positivo dimenticando che esso è stato anche lo strumento attraverso il quale
le classi dominanti nazionali hanno imposto il proprio dominio sulle classi
dominate e contemporaneamente ne hanno fatto lo strumento per la competizione
con le classi dominanti nazionali di altri stati (da qui le guerre,
l’imperialismo, il colonialismo ed altre “bazzecole”).
Da una visione idealizzante dello
Stato deriva l’inversione del rapporto causa-effetto tra il ruolo dello Stato
stesso e le condizioni del suo sviluppo. Condizioni che hanno indubbiamente consentito, in una certa fase storica, la realizzazione di un relativo compromesso sociale, tra queste le lotte delle forze di sinistra.
Fusaro dice: le cose andavano
meglio quando c’era lo Stato sovrano e, se torniamo indietro a quel punto della
storia, le cose potranno riprendere ad andare meglio. Il guaio, purtroppo, è che la crisi
dello Stato nazionale, di cui si discute da qualche decennio, deriva da un
mutamento del contesto politico e sociale, non da un complotto di forze che
tramano nell’ombra. Da un lato c’è stato lo sviluppo tecnologico introdotto dal
capitalismo, la globalizzazione dei processi produttivi e di scambio,
l’esaltazione della finanza. Dall’altro, a tutto questo ha corrisposto
l’indebolimento delle forze sociali e politiche che per qualche decennio
avevano imposto al capitale e allo Stato un compromesso più favorevole (più democrazia, più
diritti economici e sociali).
Per dirla in termine classicamente marxisti,
è il mutamento nella struttura (il modo di produzione) che ha interagito con la
sovrastruttura (il ruolo dello Stato) condizionandola.
Nel caso specifico di un Paese come
l’Italia, inserita nel contesto dell’Unione Europea, alla quale ha ceduto parte
della propria sovranità, è aperta la discussione anche a sinistra (ed anche
dentro Rifondazione Comunista), se sia meglio recuperare la parte di sovranità
ceduta, compresa quella monetaria, come condizione per favorire politiche di
rottura col liberismo.
Ma la crisi dello Stato nazionale
colpisce anche paesi che dispongono pienamente della propria sovranità (almeno
quella legale-formale) e della propria moneta. Basta pensare a paesi come il
Brasile od il Sud Africa, pur governati da forze progressiste. Né la
sovranità monetaria può essere trasformata in un feticcio. Altrimenti non si
spiegherebbe perché in Nepal, dove c’è una banca centrale che può stampare
Rupie a volontà, non siano ricchi come gli svizzeri. Per questo è presente a
sinistra una posizione, maggioritaria nel Partito della Sinistra Europea (ed alla
quale mi sento più vicino), che non sopravvaluta i margini di
manovra di cui oggi dispone un singolo Stato nazionale nel costruire una
politica anti-liberista. E per questo ritiene indispensabile la formazione di uno schieramento internazionale ed internazionalista, di soggetti politici e sociali, al governo dove possibile e all'opposizione dove necessario, in grado di cambiare i rapporti di forza nella società e nello Stato. In questo contesto non è un tabù discutere di abbandono o
superamento, anche unilaterale, della moneta unica.
Ma l’obbiettivo di Fusaro non è di contribuire
a questo dibattito, piuttosto di convincerci che oggi il punto discriminante
tra le forze politiche è il rilancio dello Stato nazionale a prescindere e che sulla base di
questa linea di frattura ideologica, la sinistra dovrebbe essere entusiasta di andare a braccetto
con la destra più retriva.
Franco Ferrari
2 commenti:
A me pare che non vi comprendiate a vicenda.
Evidentemente Fusaro non sostiene che il Bilderberg è l'unico depositario e fautore degli interessi del capitale. A mio avviso lui sostiene che tale think tank funzioni come centro organizzato e cosciente di elaborazione e direzione di politiche planetarie volte a preservare e incentivare gli interessi di tutti i capitalisti. In altri termini, nel perseguire il proprio interesse in modo organizzato, tale organizzazione difende anche un nucleo di interessi ben più ampio (che sì, si difenderebbe anche senza l'ausilio di detta organizzazione, ma che non riuscirebbe tuttavia a farlo in modo così penetrante ed efficacie).
Per quanto concerne l'internazionalismo, mi pare che fusaro non lo disdegni a priori. E' invece il modello col quale l'internazionalismo è attualmente costruito – e solo questo- ad esser visto (a buon ragione) come un problema.
Come è possibile instaurare un internazionalismo socialista? Secondo Fusaro ciò non è possibile partendo direttamente dalla situazione attuale, ma è necessario prima un ritorno alla sovranità della politica sul mercato mediante il recupero della sovranità dei parlamenti nazionali, espressione piena della sovranità popolare (non necessariamente della destra reazionaria).
Da qui, memori del passato attacco ai lavoratori portato in passato dalle istituzioni internazionali volute da Washington e Londra, costruire un nuovo internazionalismo fondato sulla sovranità della politica e del lavoro sul capitale.
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