sabato 2 novembre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista (IV): Gli emendamenti di "Essere comunisti"

Al documento numero 1, sottoscritto dalla maggioranza del Comitato politico nazionale e dal 77% dei componenti dei Comitati politici delle federazioni, sono stati presentati diversi emendamenti. Quelli che si presentano in modo più organico in quanto sostenuti da un'area politica interna, "Essere Comunisti", con alcune adesioni di altra provenienza, sostituiscono tre tesi del documento: la n. 9 e le nn. 15-16.

E' stato richiamato, nella polemica pubblica che si è avuta sull'intervento, ovviamente contrario, del segretario Ferrero, che gli emendamenti vanno valutati per quello che contengono, non per quello che si vorrebbe far dire loro. Giusto richiamo ma che deve essere necessariamente completato. Essendo gli emendamenti sostitutivi, vanno interpretati sulla base di ciò che contengono ma anche sulla base di ciò che viene rimosso dal documento congressuale una volta che fosse emendato.

sabato 19 ottobre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista (III): appunti critici sul documento di maggioranza

L'obbiettivo di queste note è di fornire qualche elemento di riflessione del tutto personale sui documenti presentati al dibattito congressuale del PRC. Non ho pretese di neutralità, dato che mi sono schierato a favore del primo documento, ma, per quanto possibile, di obbiettività nel cogliere quanto effettivamente i documenti propongono. Questo approccio mi sembra utile per un dibattito che entri in misura maggiore nel merito delle varie posizioni, al fine di arrivare al termine del percorso congressuale con una proposta politica migliore di quella iniziale perché frutto di un confronto più ampio e partecipato. Purtroppo la modalità congressuale, il suo carattere prevalente di contrapposizione elettoralistica, non aiuta questo processo di elaborazione collettiva ma favorisce la cristallizzazione delle posizioni.

L'utilità di un processo di elaborazione collettiva è dimostrato dal confronto tra la versione iniziale e quella finale del documento di maggioranza. Consentire, anche se per pochi giorni e rendendo volutamente difficile la ricerca dei documenti sul sito di Rifondazione Comunista, la possibilità di proporre modifiche e integrazioni ha significativamente migliorato il testo iniziale. Questa dovrebbe essere la modalità prevalente del confronto, lasciando aperta la possibilità su temi sui quali non sia possibile una sintesi di arrivare ad un voto.

domenica 13 ottobre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista (II): i "terzini" rilanciano l'unità dei comunisti

Il terzo documento sottoposto al voto del congresso del PRC non aveva adesioni sufficienti all'interno del Comitato politico nazionale per essere presentato formalmente alla discussione. Ha dovuto pertanto raccogliere un numero di firme di iscritti superiore ai 500. Alla fine ha ricevuto 850 adesioni e quindi diventa ufficialmente un documento congressuale con il numero 3.

I principali esponenti della tendenza che ha dato vita a questo documento (Targetti e Rancati) erano già firmatari dell'analogo terzo documento presentato al congresso di Chianciano. La filiazione è rintracciabile anche nel titolo e nell'impostazione di fondo, pur con diversi aggiornamenti. A Chianciano veniva proposto di "Rifondare un partito comunista per rilanciare la sinistra, l'opposizione e il conflitto sociale". Questa volta il titolo è: "Per la Rifondazione di un Partito Comunista".

La sostituzione della formula "rifondazione comunista" con quella di "rifondazione di un partito comunista" non è evidentemente casuale anche se risulterà bizantina a chi non sia interno ai linguaggio delle varie correnti e tendenze di ispirazione comunista. Detto in modo schematico: chi sostiene la "rifondazione comunista" punta l'accento sul rinnovamento profondo reso necessario dal crollo del "socialismo" reale", mentre la seconda formula risulta decisamente più continuista, in quanto assume implicitamente che esista un modello di partito comunista tutt'ora valido e che si tratti di rifondarlo. Nel primo caso la rifondazione comunista definisce una qualità del partito, la seconda rimanda solo ad un processo politico e organizzativo che finirà nel momento in cui il partito sarà "rifondato" o come si dice in alternativa nel testo del documento "ricostruito".

Cercando di focalizzare l'attenzione sulla parte propositiva piuttosto che sugli elementi di analisi del documento, per ragioni di brevità occorre richiamare un capoverso chiave del testo. Per realizzare l'obbiettivo indicato  è necessario "rilanciare una forte iniziativa, un vero e proprio movimento per rifondare/ricostruire un partito comunista, degno di questo nome, quale indispensabile strumento politico-organizzativo, nel vivo dello scontro di classe, insieme ai movimenti anti-austerity e in alternativa a tutti i poli della governabilità nel nostro paese". La formula "partito comunista, degno di questo nome" è abbastanza vaga da consentire di essere interpretata in modi diversi ma sufficientemente allusiva da rimandare ad una concezione più "ortodossa" (in senso ideologico, non storico) di partito comunista. Né, a dire il vero, il documento nel suo complesso, pur elencando proposte più o meno condivisibili, chiarisce realmente quale partito abbiano in testa i promotori del documento.

Sicuramente per creare questo nuovo/vecchio "partito comunista" il PRC, anche se applicasse la richiesta svolta politica ed il relativo cambio dei dirigenti, non può essere considerato autosufficiente. Il documento propone "un percorso credibile di ricomposizione dei comunisti ovunque collocati". Questo percorso è così raffigurato: "senza scioglimenti improvvisati e scorciatoie politiciste, ma avendo il coraggio di dialogare con tutte le componenti del movimento comunista che vanno nella stessa direzione, verificando nel comune lavoro e confronto politico un percorso che ha bisogno per questo di organizzazione, radicamento sociale e di concreta iniziativa nella realtà". Per l'unità dei comunisti vengono segnalati due nodi: "la rottura della subalternità al centrosinistra e delle compatibilità col capitale finanziario europeo".

Non c'è nel documento alcuna analisi delle ragioni politiche che hanno portato in questi anni alla frammentazione delle forze che fino a metà degli anni '90 si trovavano all'interno del PRC. La componente che sostiene il terzo documento e che già a Chianciano, come ricordato, aveva sostenuto la "rifondazione di un partito comunista" e quella dell'unità dei comunisti, negli anni successivi è esplosa in molteplici direzioni. I principali firmatari del terzo documento di Chianciano sono oggi in almeno 4 partiti differenti (PRC, PdCI, gruppi di Rizzo e di Verruggio) e quelli rimasti all'interno del PRC si collocano in almeno tre aree diverse. Questa diaspora, superiore di quella di ogni altra componente, rivela sia problemi di metodo che di strategia e dovrebbe sollecitare una riflessione autocritica che è invece completamente assente nel documento di Targetti e Rancati.

E' evidente che i sostenitori del terzo documento a Chianciano volevano sì rifondare un "partito comunista", ma ognuno aveva in mente un partito diverso.  E' uno dei rischi che si corrono quando si utilizzano formule astratte, enfatiche sul piano della retorica, ma poco precise nel merito dei contenuti. Alcune indicazioni contenute nel documento, pur interessanti, restano allo stato di dichiarazioni generiche. Quando si pone l'obbiettivo del radicamento del partito si aggiunge: "eventualmente elaborando opportune ed inedite forme organizzative", senza ulteriori elaborazioni su queste forme "inedite". E questo vle anche per altri passaggi.

Per quanto riguarda l'organizzazione interna del "nuovo" partito si afferma che "la tutela del pluralismo interno e della dialettica ad ogni livello, che rappresenta un basilare diritto democratico alle logiche del maggioritario, non ha niente da spartire con la degenerazione correntizia". Sicuramente il tema è importante ma il documento non riesce, a mio parere, a formulare una proposta concreta che risolva il dilemma, anzi la volontà di presentare comunque un terzo documento va in direzione opposta all'obbiettivo che si pone. Si ha l'impressione che quando si denuncia il  "correntismo degenerato" si pensi sempre a quello degli altri.

Il terzo documento propone inoltre di costruire "uno schieramento anticapitalista ampio e plurale, un polo di opposizione politica e sociale che, sulla base di una piattaforma e di pratiche sociali comuni, impegni i diversi soggetti, senza precostituite velleità da 'partito unico' in un processo di reale indipendenza ed alternatività al bipartitismo". Non serve , si aggiunge, "inventare un ennesimo soggetto politico finalizzato a superare lo sbarramento elettorale, né serve unire delle debolezze senza chiarezza politica". Questo "schieramento" o "polo" viene contrapposto alla costruzione di una generica "sinistra alternativa". Lo "schieramento anticapitalista" qui proposto non sembra meno generico della "sinistra alternativa" di cui parla la maggioranza di Rifondazione, ma sicuramente più ristretto nell'arco degli interlocutori individuati.

Sulla questione delle alleanze politiche del PRC si rivendica la necessità di essere "alternativi al centrosinistra" anche se non bisogna "rinunciare ad agire sulle contraddizioni sempre più forti che si aprono tra le politiche del centrosinistra e dello stesso PD sul suo elettorato". Da questo discende la necessità di "rompere le alleanze politico-istituzionali col PD e col centrosinistra anche a livello locale laddove siano incompatibili con la possibilità di praticare un programma alternativo". In questo caso il "laddove" lascia aperto uno spazio per non rendere automatica ed inevitabile la rottura a livello locale.

Per quanto riguarda l'Europa, tema che ha una particolare rilevanza nel dibattito politico in questa fase, si chiede la "messa in discussione dell'Euro", in nome del ritorno alla sovranità popolare che non può esistere senza sovranità monetaria ed economica e l'abolizione dei trattati dell'Unione Europea. Il documento cerca di radicalizzare la posizione del documento di maggioranza, ma senza arrivare a formulare seccamente la rottura con l'euro e l'Unione Europea. Al Partito di Sinistra Europea vengono rivolte alcune critiche marginali ed è implicita la preferenza per un rapporto con i partiti comunisti più tradizionali, che interviene però in un momento nel quale si è determinata tra questi partiti, solo poche settimane una pubblica spaccatura che vede da un lato il PC greco e dall'altro il PC portoghese .

Franco Ferrari

lunedì 7 ottobre 2013

Congresso di Rifondazione Comunista(1): il "nuovo inizio" di Falcemartello

La mozione di Falcemartello in vista del prossimo Congresso di Rifondazione Comunista che si terrà a Perugia a dicembre si concentra sulla necessità del "partito di classe". Apparentemente questo obbiettivo si colloca in continuità con quanto proposto nel precedente Congresso di Napoli, ma vedremo che in realtà viene introdotta una sostanziale modifica di prospettiva, così come già a Napoli veniva modificata la proposta avanzata nel Congresso di Chianciano nel 2011.

Per ragione di sintesi occorrerà concentrarsi sui punti fondamentali. Nel documento per il congresso di Chianciano del 2008 si affermava: "Rifondazione Comunista, rimane la forza principale della sinistra, abbiamo il dovere di investire tutte le nostre forze nel rilancio di questo partito (...)." Veniva respinta la proposta di "unità comunista" ma ciò non significava "rifiutarsi di porsi il problema dell'unità d'azione con le altre forze di sinistra, comprese quelle che in questi anni si sono scisse da sinistra da Rifondazione". L'unità andava cercata soprattutto in termini di "unità d'azione comune su piattaforme chiare e definite". L'altro elemento centrale della proposta di "nuova rifondazione comunista" era la cosiddetta "svolta operaia" che si basava tra l'altro sulla promozione di "lavoratori" negli organismi dirigenti.

Per il Congresso di Napoli viene abbandonata la proposta di "nuova Rifondazione", considerata la perdita di "consistenza, credibilità e radicamento" del PRC  e si lancia la prospettiva del "partito di classe". Questa proposta si collega ad una valutazione abbastanza ottimista della situazione. Infatti si sottolinea che, secondo Falcemartello, "esistono forze molto superiori a quelle ad oggi organizzate nel PRC che possono essere mobilitate attorno alla costruzione del partito di classe" e vengono precisamente dettagliate. "Al di fuori del nostro partito, queste forze esistono oggi: nella FIOM; nella sinistra CGIL; in un settore dei sindacati di base; in un settore delle scissioni di sinistra del PRC; nel movimento in difesa della scuola pubblica e dei beni comuni". Altro elemento fondamentale della proposta politica di Falcemartello al Congresso di Napoli era che il PRC si facesse promotore "di un polo della sinistra di classe" da avanzare alle forze che condividessero una "discriminante fondamentale", ovvero di "mantenere una opposizione strategica al PD".

Ora vediamo come la mozione per il prossimo Congresso del PRC tratta la questione del "partito di classe". La crisi profonda della sinistra rende "possibile e necessario un nuovo inizio, una battaglia aperta per la costruzione del partito di classe". Questo partito non si può creare con le "autoproclamazioni" o con "aggregazioni improvvisate". Dal punto di vista obbiettivo richiede "la ripresa del conflitto di classe su vasta scala", dal lato soggettivo è necessaria "una forza anche ridotta nei numeri, ma politicamente coesa e fondata su un chiaro impianto teorico e programmatico di classe". 

Questa forza coesa dai numeri ridotti, non è Rifondazione Comunista, per la quale si dice che "il partito è stato nei fatti liquidato". L'obbiettivo è sempre il "partito di classe", ma lo strumento per realizzarlo non è più il PRC ("liquidato"), ma sono scomparse dalla scena anche quelle "forze molto superiori" che venivano evocate solo due anni fa e svanita anche la proposta del "polo di classe". Si chiarisce che oggi "l'unica via d'uscita possibile è di dar vita a un movimento politico (NdR, sottolineatura mia) che metta al centro la questione di un programma operaio di risposta alla crisi". Si aggiunge poi che oggi "l'unico compito veramente urgente" è di "condurre un lavoro sistematico e paziente fra i settori più attivi e militanti". 

La conclusione del tutto evidente di questo ragionamento è che "il movimento politico", "numericamente ridotto", "politicamente coeso", fondato su un "chiaro programma politico" che conduce "un lavoro sistematico e paziente fra i settori più attivi e militanti", esiste già ed è Falcemartello stesso. Verrebbe da chiedersi allora che cosa cambia nella strategia di questo gruppo, a parte la scomparsa dalla scena di tutti gli altri soggetti potenziali, che fino a due anni erano visti come possibili comprimari nella costruzione del "partito di classe"?

La differenza fondamentale consiste proprio nel dichiararsi per la prima volta "movimento politico" e non più tendenza di un partito. Si tratta infatti di una parziale rottura con quella strategia "entrista" che costituisce uno dei tratti identitari della corrente alla quale appartiene Falcemartello e denominatasi un po' pomposamente "Tendenza Marxista Internazionale (TMI)". L'entrismo  si basa su uno schema piuttosto semplicistico. Al momento dello scoppio della crisi politica sociale che metterà in movimento grandi masse di lavoratori e operai contro l'assetto capitalistico, queste masse non si rivolgeranno ai piccoli gruppi marxisti ai margini del movimento operaio (quelle che la TMI appella con supponenza "le sette" anche quando dispongono di un seguito molto maggiore delle sue sezioni nazionali), ma entreranno nei grandi partiti operai per riappropriarsene e spostarli a sinistra. Lo schema era dedotto dalla realtà britannica, sulla base del ruolo tradizionalmente egemone del Laburismo, ma è stato esteso a tutto il resto del mondo. Quando le masse, messe in movimento dalla crisi, entreranno nei partiti operai vi troveranno un solido gruppo di sperimentati militanti marxisti che nel frattempo saranno già da tempo entrati in quel partito.

L'aspettativa un po' fatalistica della crisi esplosiva è presente anche nel documento di Falcemartello, quando si parla di un "processo più vasto che prima o poi inevitabilmente si darà". In attesa di questo avvenire che avverrà  "inevitabilmente" occorre "mantenere e rafforzare una avanguardia militante e aggregata attorno ad una chiara prospettiva anticapitalista".

Ma come giustificare all'interno di un'organizzazione che ha nell'entrismo una sorta di "vacca sacra" il passaggio al "movimento politico" che conduce una "battaglia aperta"? Il documento di Falcemartello provvede una lunga e, al di fuori di questo contesto tutto interno, abbastanza incomprensibile digressione storica con la quale si vuole dimostrare che in fondo quello che si propone non è inedito nella storia del movimento operaio. "In Germania, Austria e Russia il movimento operaio ebbe inizio come movimento politico. I sindacati in un primo momento erano sconosciuti. Furono costruiti da un partito politico di impostazione marxista". La ricostruzione storica è molto zoppicante, ma la funzione di questa frase serve appunto a legittimare la proposta di "movimento politico" che è l'asse del documento. E' possibile che questa scelta abbia sollevato dibattito all'interno della TMI, ma su questo non potremmo che fare supposizioni.

La ricostruzione che ho fatto dei vari passaggi mi sembra sostanzialmente coerente con l'impostazione del documento anche se non mancano formule in parziale difformità con quelle citate. Quando si dice che la "battaglia per la difesa del PRC non è in contrasto con la proposta del partito di classe", si attenua ma, mi pare, a fini sostanzialmente propagandistici, il giudizio sul PRC che pervade tutto il documento. D'altronde una riga prima di aver parlato della "battaglia per la difesa del PRC, si afferma che "perde di senso la polemica tra liquidatori e antiliquidatori".

Ad un successivo post vorrei affidare un'analisi degli aspetti più generali del documento: ruolo e metodo del programma di transizione e degli obbiettivi intermedi, Europa, definizione del partito di classe.

Franco Ferrari

domenica 6 ottobre 2013

Il seminario del PRC sull'organizzazione e la sinistra europea

L'ultimo dei seminari del PRC in preparazione del dibattito congressuale che si concluderà ai primi di dicembre a Perugia ha coinvolto diversi partiti della sinistra europea. Nell'ambito di un dibattito che ha intrecciato temi politici e temi organizzativi sono intervenuti Gilles Garnier del Partito Comunista Francese e del Front de Gauche, Heinz Biernbaum della Linke tedesca e Vassilis Primakiris di Syriza. Grande interesse per i loro interventi che hanno fornito utili spunti di conoscenza e di confronto di realtà politiche spesso affrontate in Italia "per sentito dire" e con lo sguardo più alle polemichette interne alla sinistra che ad una vera conoscenza delle situazioni.
Fra i temi affrontati dagli ospiti stranieri voglio segnalare le informazioni fornite da Garnier sul dibattito piuttosto vivace in corso nel Front de Gauche francese sulle prossime elezioni amministrative. Da un lato la posizione dell'ex candidato alle Presidenziali Jean-Luc Melenchon che sostiene la necessità di una presentazione autonoma del Fronte data la politica ultramoderata dei socialisti attualmente al potere con Hollande. Il PCF invece è per un atteggiamento più flessibile che deve tener conto del fatto che in molte realtà locali le sinistre, pur nella loro diversità, governano insieme da molto tempo e che esiste dal basso una forte spinta unitaria che non può essere ignorata. Il Partito Comunista possiede ancora un forte radicamento istituzionale e territoriale, con quasi 1.000 sindaci, una dimensione importante, anche se va considerato che in Francia i Comuni hanno spesso dimensioni piccolissime.
Birnbaum della Linke ha anticipato le previsioni delle elezioni politiche tenutesi domenica e la valutazione sulla situazione del partito della sinistra alternativa tedesca, dato tra l'8 e il 9% come confermato dal voto. Prevista la ripresa dell'SPD, superiore alle aspettative il calo dei Verdi. Per quanto riguarda la vita interna della Linke il compagno tedesco ha sottolineato la grande influenza che ha il femminismo nell'organizzazione del partito. Lo statuto non solo garantisce la metà delle posizioni dirigenti alle donne, ma consente loro di intervenire con grande peso nei congressi e in tutte le sedi decisionali. Birnbaum ha ricordato che la Linke è nata dalla fusione di due realtà politiche, una molto presente e con caratteri di massa all'est e l'altra più militante e radicale ma spesso anche frammentata e litigiosa all'ovest. Il dato elettorale previsto per la Linke e poi confermato è considerato molto positivo perché indica il superamento di una fase politica molto difficile che è sembrata perfino poter portare alla spaccatura del partito che invece si conferma ora come una importante realtà della vita politica tedesca e della sinistra europea.
Vassilis Primakiris ha presentato con molta passione l'evoluzione positiva della realtà di Syriza che i sondaggi danno oggi come primo partito greco. Toccando il tema del giudizio sull'euro (uscire o non uscire dalla moneta unica), l'esponente di Syriza ha tenuto a sottolineare che se la sinistra greca non pone l'obbiettivo dell'uscita dall'euro, mantiene questo obbiettivo come potenziale minaccia qualora non si mettano in discussione le politiche criminali contenuti nei diversi Memoranda imposti al popolo greco. Primakiris ha anche sottolineato che Syriza punta ad un governo con tutte le forze di sinistra greche, compreso il KKE, nonostante la politica settaria e dogmatica che persegue questo partito.
Tra gli intervenuti merita un cenno anche il Prof. Michele Prospero, docente universitario di area PD, il quale ha avanzato una convinta difesa del ruolo dei partiti e di partiti che abbiano carattere di massa e che si colleghino al conflitto sociale. Una visione condivisibile ma che oggettivamente appare in contraddizione con la concezione liberale e la pratica interclassista che caratterizzano il Partito Democratico.
Per quanto riguarda la relazione del sottoscritto che analizzava alcuni aspetti della struttura organizzativa dei principali partiti della sinistra alternativa europea rimando al testo che è stato reso disponibile sul sito nazionale di Rifondazione Comunista.
Le conclusioni Paolo Ferrero hanno toccato diversi temi tra i quali alcuni di attualità politica come l'importanza della partecipazione alla manifestazione del 12 ottobre in difesa della Costituzione e del lavoro e la necessità di rendere centrale la parola d'ordine della disobbedienza ai trattati europei quando questi vincolano a politiche antipopolari e di austerità, piuttosto che quello dell'uscita dell'euro che rischia di avviare una spirale di ripiegamento nazionalista e "autarchico".

Franco Ferrari

Potere degli iscritti e organizzazione del pluralismo interno nei partiti della sinistra alternativa europea

Seminario Rifondazione Comunista - Sinistra Europea Roma 20 settembre 2013 – 

Nell’affrontare il tema indicato è necessario innanzitutto tener conto di due premesse.
1) la prima è che parliamo di un campo, quello della “sinistra alternativa europea”, ancora attraversato da forti differenziazioni politiche, ideologiche ed organizzative. Si è anche discusso e si discute se si possa considerare questo insieme di partiti come una vera e propria “famiglia politica” al pari della socialdemocrazia, dei verdi o dei popolari europei. Una parte delle forze politiche che vengono inserite in questo spazio ne contestano l’esistenza stessa. Vi è chi, come i comunisti greci, ritiene che si debbano tenere rigidamente separati i partiti comunisti dai partiti cosiddetti di “nuova sinistra”, considerati come opportunisti e complici del capitalismo. Vi è chi, ad esempio le correnti trotskiste, distingue in questo campo tra forze considerate “rivoluzionarie” ed altre considerate “riformiste”.
In genere, ed anche per i fini del mio contributo, si considerano parte della “sinistra alternativa europea” quei partiti che partecipano o hanno partecipato ad una delle sue strutture di colleganosovranazionale: il Gruppo parlamentare europeo (GUE/NGL), il Partito della Sinistra Europea, ilForum della Nuova Sinistra, i Meeting dei partiti comunisti e della Sinistra Anticapitalista (Hildebrandt, Seiler, De Waele e Vieira).

giovedì 5 settembre 2013

"Quando c'è una meta, anche il deserto diventa strada" (proverbio tibetano)

La descrizione che Burgio dà della situazione, nell'articolo pubblicato dal Manifesto, è efficace ma è appunto descrizione di quello che tutti vediamo. Molto meno chiara è l’indicazione sulla proposta. Condivisibile l’unità sui contenuti con l’iniziativa di Rodotà e Landini (anche se mi sembra che il loro appello sia insufficiente per delineare un programma di rotture con le politiche liberiste della trojka, sostenute dall’attuale Governo). 

Ma noi abbiamo anche un problema di definizione dello “strumento politico” e della strategia. Senza questi qualsiasi contenuto programmatico è “flatus vocis”, aria al vento. Quale strumento politico propongono Rodotà e Landini? Per ora è confuso. Uno “spazio politico” che non presenta liste e non diventa partito? E allora che cos’è e a che cosa serve? Questo linguaggio vago fa parte di accortezza tattica? Ma si può costruire un soggetto politico che susciti volontà facendo finta di non farlo?. 

Sul piano strategico a chi guardano Rodotà a Landini? Se penso che la FIOM nella sua festa, per discutere del futuro della sinistra, ha invitato solo Vendola e Barca è evidente che si guarda alla sinistra del centro-sinistra in funzione di un riequilibrio, illusorio, all’interno dell’esistente. Forse Rodotà pensa più a far pesare il rapporto con il movimento 5 stelle per correggere a sinistra il centro-sinistra. Ma anche questa mi sembra una strategia illusoria benché sul piano parlamentare potrebbe dare qualche frutto nell’immediato, perché alla fine subalterna ad altri soggetti politici oggi ancora molto più “pesanti”. Ma anche in questo caso si può perseguire una strategia senza dichiararla, spiegarla, renderla convincente, accontentandosi del principio secondo cui, “nel mondo degli orbi il guercio è re”.

Quindi bene l’unità sui contenuti e sulle iniziative di lotta che ne possono derivare, ma avendo la consapevolezza che la strategia delineata da loro oggi (e presumibilmente anche domani) non è la nostra. O meglio, quella che dovrebbe essere la “nostra” se ne avessimo una.

Il problema è la difesa delle piccole riserve? Forse anche questo è uno dei problemi. Ma temo che fra queste piccole riserve, difese con le unghie e con i denti, vi sia anche “essere comunisti”, di cui peraltro si fa fatica oggi a capire il senso, visto che è passato disinvoltamente dalla difesa dell’identità (anche più di quanto fosse necessario) alla rinuncia delle “appartenenze ormai obsolete” (anche più di quanto non sia necessario).

Un’ultima osservazione. Rifondazione Comunista nelle ultime elezioni politiche ed europee non si è mai presentata da sola. Abbiamo contribuito generosamente alla Sinistra Arcobaleno, alla Lista anticapitalista, alla Federazione della Sinistra, a Cambiare si può e a Rivoluzione Civile. Tutte queste esperienze unitarie hanno avuto esito negativo. A parte la prima tutte con l’attuale segretario del partito. Non è certo di mancanza di spirito unitario che rischiamo di morire. 

Vuol dire che dobbiamo rinunciare alla ricerca unitaria? No, non credo, ma credo che dobbiamo da un lato capire perché queste esperienze molto diverse tra loro non abbiano funzionato e soprattutto capire noi quale proposta avanziamo per un progetto unitario, quale prospettiva strategica, quali forze vorremmo che fossero in campo, ecc. E poi confrontarci nel merito con chiarezza e con flessibilità con tutti i soggetti che si muovono. Sapendo che noi non abbiamo tutte le soluzioni, ma nemmeno gli altri. E temo nemmeno gli onesti Landini e Rodotà.

Franco Ferrari

lunedì 26 agosto 2013

La sinistra alternativa nelle elezioni europee del 2009 (Note sulla sinistra alternativa europea VI)

Le ultime elezioni europee si sono tenute nel 2009. La legislatura sta volgendo al termine e gli elettori di 27 paesi saranno chiamati a rinnovare il Parlamento Europeo nella primavera del 2014.

Può essere utile tornare sulle diverse posizioni che si sono espresse nel 2009, quando sono stati diffusi 4 documenti collettivi di forze della sinistra alternativa e dell'estrema sinistra. 

Questi manifesti o appelli erano i seguenti:

1) il manifesto elettorale del Partito della Sinistra Europea;
2) l'appello comune dei partiti del GUE/NGL
3) L'appello di 21 partiti comunisti
4) l'appello della "Sinistra anticapitalista europea".

Il documento più ampio e significativo è sicuramente il manifesto approvato dalla Sinistra Europea in vista delle elezioni. Si è trattato del primo documento elettorale collettivo che la maggior parte delle forze di sinistra sono riuscite a formulare unitariamente da quando si è votato per la prima volta per le elezioni dirette del Parlamento Europeo.

venerdì 23 agosto 2013

Che fare dell'euro? (Note sulla sinistra alternativa europea V)

Nella sinistra europea si è aperto un dibattito intenso sul tema della moneta unica. Vi sono forze significative, anche se per ora minoritarie, le quali suggeriscono la necessità di porre come obbiettivo prioritario per chi si oppone alle politiche neoliberiste e "austericide" dell'Unione Europea, l'abbandono della moneta unica. Vediamo una breve rassegna di come il dibattito è stato affrontato finora e a quali esiti ha portato.

Il 17 maggio scorso si è tenuta a Dublino una giornata di studio dei parlamentari del GUE/NGL della quale ha riferito Niels Jongerius del Partito Socialista Olandese sul sito Spectrezine. Il tema ufficiale dell'incontro era "le alternative economiche in tempo di crisi", ma di fatto è stata la questione dell'euro a diventare il principale argomento di discussione.

Michael Burke, economista consulente del Sinn Fein e collaboratore del "Socialist Economic Bulletin", ritiene ingiustificata l'attenzione rivolta dai partiti di sinistra alla questione dell'euro. Introducendo la discussione ha spiegato che, secondo lui, i partiti di sinistra devono prima decidere quale tipo di politica economica vogliono perseguire: una politica basata sull'austerità od una fondata sugli investimenti. Per Burke, la scelta è ovvia, la crisi è principalmente una crisi di investimenti e i soldi che dovrebbero essere utilizzati per gli investimenti restano nei forzieri delle banche. La sinistra deve proporre un'agenda economica basata sugli investimenti e rifiutare i discorsi sull'austerità, che spesso si traducono solo nel tagliare un po' meno della destra.

Secondo un'altra economista irlandese, Sheila Killian, più che nei forzieri delle banche i soldi si trovano nei paradisi fiscali. Per questo propone una politica comune europea sull'evasione fiscale e la fine del segreto bancario. Una linea che coincide con la campagna che sta conducendo il Partito Socialista Olandese per un cambiamento delle pratiche e della legislazione fiscale dell'Olanda che ha trasformato di fatto questo paese in un paradiso fiscale e per questo è uno dei maggiori punti di transito dei profitti delle multinazionali.

Secondo quanto riferisce Niels Jongerius, appena il dibattito si è concentrato sull'euro sono emerse le differenze di punti di vista. In diversi paesi, i partiti di sinistra hanno commissionato degli studi agli economisti per approfondire la questione. Stavros Evangorou, ha riferito di una ricerca da poco pubblicata su richiesta dell'AKEL, il partito comunista cipriota, la quale arriva alla conclusione che la politica del partito, se portata avanti, determinerebbe necessariamente l'uscita  dall'eurozona. "Ciò che serve ora, ha spiegato Evangorou, non è il salvataggio del settore finanziario cipriota, quanto piuttosto salvare il paese dal memorandum che minaccia il futuro di Cipro". Gli accordi previsti dal memorandum concluso dal governo di destra che ha vinto le ultime elezioni cipriote con l'UE e il Fondo Monetario Internazionale, determinano tagli di spesa, l'indebolimento dei diritti del lavoro e privatizzazioni.

L'AKEL prende seriamente in considerazione il fatto che Cipro possa essere costretta ad uscire dall'Eurozona qualora il partito possa tornare al potere, uno scenario che non è escluso come possibilità anche da Syriza ed ora dal Bloco de Esquerda portoghese.

Non solo nei paesi del sud si considera l'ipotesi della fine o dell'uscita dall'euro. La fondazione Rosa Luxemburg, vicina alla  Linke tedesca, ha richiesto un dettagliato studio a due economisti sul futuro dell'euro. La conclusione di questo studio è che la moneta comune europea è insostenibile, un punto di vista non condiviso nel meeting e che ha portato ad un acceso dibattito tra i parlamentari europei presenti.

E' positivo, commenta Jongerius, che la sinistra non prenda le mosse da sentimenti nazionalistici quando discute dell'euro o di altri aspetti dell'Unione Europea, come avviene per l'estrema destra, perché fare questo porterebbe ad escludere determinate minoranze e legittimare la violenza contro questi gruppi.

Una spaccatura dell'Eurozona avrebbe rilevanti conseguenze economiche per i popoli interessati e per l'Unione Europea nel suo insieme. Che la sinistra sia capace di discutere avvalendosi di studi economici seri offre la possibilità di produrre specifiche e significative analisi in vista delle elezioni europee del maggio del prossimo anno. Il Partito Socialista Olandese da parte sua renderà chiara la propria posizione sull'Europa nel congresso nazionale che approverà il manifesto per le elezioni europee previsto per il 22 febbraio 2014. Certamente questa posizione dovrà prevedere una rottura con le politiche di austerità che il sud Europa vive come una guerra economica nei suoi confronti.

In Germania il dibattito è stato acceso soprattutto da Oskar Lafontaine, uno dei leader della Linke, con un intervento del 30 aprile scorso nel quale propone l'abbandono dell'euro ed il ritorno al Sistema Monetario Europeo.
Per Lafontaine, ex ministro socialdemocratico poi entrato in rotta con le politiche centriste sostenute dal suo partito, "i tedeschi non hanno ancora preso coscienza che gli europei del sud, compresa la Francia, saranno, a causa della pauperizzazione economica, costretti a rispondere, presto o tardi, all'egemonia tedesca. Essi sono soprattutto sottoposti alla pressione del dumping salariale praticato dalla Germania in violazione dei trattati europei dall'inizio dell'unione monetaria. La Merkel si risveglierà dal suo sonno del giusto quando i paesi che soffrono del dumping salariale tedesco si metteranno d'accordo per imporre un cambiamento della politica di gestione della crisi a spese delle esportazioni tedesche."
Questo dumping salariale richiederebbe una svalutazione consistente della moneta per paesi come Spagna o Portogallo, ed una rivalutazione salariale dell'ordine del 20% per la Germania.
"Se degli spostamenti reali verso l'alto o verso il basso non sono possibili in questo modo, diventa necessario abbandonare la moneta unica e ritornare ad un sistema che renda possibile le svalutazioni e le rivalutazioni, come era il caso con il predecessore della moneta unica, il Sistema Monetario Europeo. (...) Una condizione preliminare al funzionamento di un Sistema Monetario Europeo sarà la riforma del settore finanziario e la sua stretta regolamentazione, ispirandosi al sistema delle casse di risparmio pubbliche (tedesche, ndr). Gli speculatori devono sparire."
A questa proposta ha risposto anche Bernd Riexinger, uno dei due co-presidenti della Linke. Dopo aver ricordato le proposte nel programma elettorale del partito per risolvere il problema della crisi, risponde a Lafontaine che non ci sono scorciatoie per imporre una soluzione di sinistra della crisi. Le proposte della Linke possono essere articolate con le lotte reali contro l'egemonia liberale.
"La questione controversa di sapere se si deve scegliere piuttosto il teatro nazionale o europeo per questo è mal posta. Evidentemente occorre agire in modo determinato sul piano nazionale per le rivendicazioni sociali e i diritti democratici. Ma non vi può essere dubbio sul fatto che il capitale e le grandi imprese sono da tempo scappate verso l'Europa e l'internazionale, dove esse si costruiscono i loro collegamenti, e che utilizzano questa potenza economica per imporre i loro interessi anche politicamente. E' esattamente questo che costituisce la base materiale dell'egemonia liberale in Europa. (...) E' la ragione per la quale non vi è altro cammino che quello della cooperazione, del coordinamento e della comprensione reciproca tra i sindacati, i partiti di sinistra e i movimenti sociali."
Il dibattito si è sviluppato con diversi approfondimenti tecnici da parte di economisti e ricercatori. Da un lato un dettagliato e complesso studio. già richiamato sopra, è stato commissionato dalla fondazione Rosa Luxemburg a due economisti, Costa Lapavitsas e Heiner Flassbeck, sulle cause della crisi dell'euro e le effettive terapie per uscire da questa crisi.
Secondo i due economisti "al cuore del fallimento dell'Unione Monetaria Europea si trova il modello economico mercantilista della Germania e l'incapacità degli altri paesi europei di mettere in discussione il modello apertamente e di convincere la Germania che non è nemmeno nel suo interesse optare per la competizione piuttosto che per la cooperazione tra nazioni."
"Per la prima volta nella storia della crisi europea, i cittadini sono stati così scioccati che non è più un tabù parlare di un'uscita dall'unione monetaria." I due autori pure essendo fautori di un'ordinata uscita dall'euro affermano che i "paesi che considerassero l'uscita dall'UME (Unione Monetaria Europea) in un situazione simile a quella di Cipro devono pensarci due volta prima di uscire anche dell'UE. La continua partecipazione all'UE può risultare importante per mantenere legami con il mercato comune europeo."

Nel dibattito è intervenuto anche Mario Candeias, uno dei principali ricercatori della Fondazione Rosa Luxemburg. Candeias ha esaminato dettagliamente i pro ed i contro, dal punto di vista economico, di un'eventuale uscita dall'Euro. In presenza della determinazione di chi detiene il potere e della fazioni del capitale che li sostengono di difendere a tutti i costi l'Euro, la sua conclusione è che "sostenere un'uscita ordinata basata sulla solidarietà o il ritorno al Sistema Monetario Europeo non è meno illusorio che mettere in primo piano le richieste per un Europa sociale...solo più rischioso." Ma dietro alla questione dell'uscita dall'euro si nasconde un'altra questione: qual è la posizione della sinistra intorno al progetto europeo.
"La questione dell'uscita dall'Unione Monetaria Europea - scrive Candeias - o l'utopica armonizzazione di un modello sociale europeo è in fondo, la questione sbagliata. Un'uscita dall'UME - ammesso che vi sia una possibilità per la ricostruzione economica con la moneta nazionale svalutata del paese che ne esce - determinerebbe indubbiamente conseguenze politiche ed economiche, l'estensione delle quali può essere difficilmente sovrastimata. Potrebbe portare ad una reazione a catena in altri stati e forse nel collasso non solo dell'Unione Monetaria Europea, ma dell'Unione Europea nel suo complesso, con conseguenze egualmente disastrose per il popolo tedesco che per gli altri. Strategicamente, con l'uscita, la Grecia rinuncerebbe all'argomento più potente da porre sul tavolo dei negoziati: la minaccia del fallimento. (...) Non ci sarebbe nulla di contrario, dove possibile, a promuovere "buone misure unilaterali" (per esempio controlli sui capitali o riforme fiscali) e di non attendere "fino a che una 'buona' Europa venga creata', come proposto (dall'economista francese vicino all'NPA) Michel Husson. "Vale la pena di correre il rischio politico accompagnato ad una rottura delle direttive europee"...ciò non significa un'uscita. Altri paesi potrebbero seguire. Allora ci sarebbe la possibilità di espandere riforme all'interno dell'Europa che sono iniziate in uno o più paesi ad altri."
Secondo linee simili il dibattito si è aperto anche in Francia soprattutto per effetto di un recente articolo in favore dell'abbandono dell'euro pubblicato sulla prima pagina del Monde Diplomatique, influente negli ambienti altermondialisti. Anche in Francia si sono però espressi in direzione contraria numerosi economisti, sia vicini al Front de Gauche che all'NPA, di origine trotskista, pur delienando a loro volonta strategie alternative non del tutto convergenti.

In Spagna un appello per uscire dall'euro è stato sottoscritto dall'ex leader di Izquierda Unida, Julio Anguita, sulla base della valutazione della "non riformabilità" dell'Europa attuale: 
"È necessaria una moneta propria per competere e una politica monetaria sovrana per somministrare liquidità al sistema e stimolare una domanda ragionevole. E questo come prima condizione ineludibile, però non sufficiente, per poter sviluppare una politica avanzata di controllo pubblico dei settori strategici dell’economia, di nazionalizzazione delle banche, di ricostruzione del tessuto industriale e agricolo, di difesa e potenziamento dei servizi pubblici fondamentali con un potente e progressivo sistema fiscale, di ammortizzamento delle disuguaglianze e distribuzione della ricchezza, di ripartizione del lavoro per combattere la disoccupazione, di deroga delle controriforme del lavoro e delle pensioni, di rispetto vero verso l’ambiente, ecc…, e di affrontare un processo costituente che permetta di recuperare e approfondire la democrazia. Per tutto ciò bisogna lasciare da parte transitoriamente il deficit pubblico, dimenticarsi di fare proposte impossibili alla BCE e smetterla di avere nostalgia della Riserva Federale o della Banca d’Inghilterra quando si può disporre della Banca di Spagna come istituzione equivalente."
Questa posizione resta minoritaria n Izquierda Unida che ha tenuto il 22 giugno 2013 una Conferenza sull'Europa. In merito, il documento base approvato, pur valutando le ragioni che militano a favore dell'abbandono della moneta e volendo mantenere aperto il dibattito afferma:
"Non possiamo negare che un importante problema risiede nel fatto che abbandonando l'euro, e anche nel caso il paese in questione rinneghi completamente il debito accumulato, si aprirebbe il problema di finanziare i deficit commerciali e pubblici. E le condizioni per farlo si sarebbero enormemente deteriorate, con la chiusura dei mercati finanziari che solo potrebbe essere compensato con le emissioni monetarie della banca centrale. Come conseguenza di dover sostituire le importazioni, che aumenterebbero di prezzo, emergerebbe un processo inflattivo di notevole grandezza. Per altro verso l'elevata dipendenza energetica - i cui prezzi mondiali sono in aumento - e l'assenza di politiche industriali in Spagna - che hanno ridotto la capacità di esportazione del paese - determinerebbe che gli effetti netti della svalutazione sarebbero minori del previsto."
Inoltre Izquierda Unida ritiene prematuro assumere una decisione sull'euro senza un confronto ed una convergenza a livello europeo, per questo chiede che il prossimo congresso della Sinistra Europea si pronunci su questo tema.

Franco Ferrari

martedì 20 agosto 2013

Note sulla sinistra alternativa europea (IV): I Meeting comunisti europei

I due Meeting Comunisti Europei, che si sono tenuti a Bruxelles nell'aprile 2011 e nell'ottobre del 2012, sono il prodotto di un'iniziativa del Partito Comunista Greco (KKE). Questo partito si è posto da tempo l'obbiettivo di ricostruire il "movimento comunista internazionale" sulla base di un marxismo-leninismo considerato ortodosso e legato sulla riabilitazione di Stalin e alla condanna delle politiche perseguite da molti partiti comunisti dopo il XX Congresso del PCUS (vie nazionali al socialismo, via democratica al socialismo, eurocomunismo, ecc.).

Il KKE è contrario, almeno in Europa, ad ogni forma di collaborazione tra partiti comunisti con altri partiti della sinistra alternativa non comunisti. Come ha dichiarato Giorgos Marinos, concludendo il secondo Meeting, "deve essere chiaro che le forze politiche che difendono il capitalismo e l'Unione Europea (si riferisce a "Syriza, il Blocco di Sinistra in Portogallo, Die Linke in Germania ed altre formazioni simili", ndr) non possono diventare consistenti forze di resistenza e difesa degli interessi popolari, alleati dei comunisti, per quante etichette di sinistra possano utilizzare."

Il KKE considera "opportunista" il NELF e ritiene che il GUE/NGL debba restare uno strumento di collegamento strettamente tecnico e non politico tra forze politiche completamente indipendenti e solo nell'ambito del Parlamento europeo.

Si è schierato contro la formazione del Partito della Sinistra Europea dal momento in cui questo progetto ha iniziato a diventare concreto e mantiene una campagna virulenta che finora però non è riuscita ad ottenere successi significativi se non l'uscita del Partito Operaio Ungherese, però molto ridotto dopo un'importante scissione.

Per il KKE, nelle elezioni europee del 2009, vi erano "da un lato la strategia di assimilazione agli obbiettivi del grande capitale nell'ambito della struttura dell'Unione Europea, che richiede come precondizione basilare l'abbandono della teoria mondiale del Marxismo-Leninismo, la mutazione e la socialdemocratizzazione dei Partiti Comunisti. Lo strumento per la costruzione di questo polo dell'opportunismo contemporaneo in Europa è il Partito della Sinistra Europea.

Dall'altro lato ci sono le forze dello scontro con l'imperialismo, con l'UE, e con le strategie del capitalismo. Queste forze non sono altro che i partiti comunisti e operai che considerano non negoziabile la lotta per il socialismo e non si sottomettono alla linea del capitale. (...) Essi difendono da un punto di vista di principio il socialismo come lo abbiamo conosciuto."

Il Partito della Sinistra Europea, secondo il Partito Comunista Greco, opera per assimilare le forze popolari al sistema capitalistico, all'imperialismo, all'UE e alle strategie del capitalismo. La polemica riguarda anche diversi partiti comunisti, compresi alcuni di quelli che non sono membri della Sinistra Europea, i quali, ha scritto Kostas Papadakis del comitato centrale del KKE, "hanno insozzato le loro mani con il sangue del popolo yugoslavo, partecipando a governi collaborazionisti con i socialdemocratici e facilitato con ogni mezzo il bombardamento del popolo yugoslavo" (un giudizio che colpisce anche il PdCI).

La polemica a volte distorce le posizioni reali della Sinistra Europea. Come quando lo stesso Papadakis scrive che "Il Trattato di Lisbona insieme al Trattato di Maastricht, non sono affatto condannati nella loro interezza (dalla Sinistra Europea, ndr). Anzi è vero il contrario, essi sono trattati singolarmente e solo certe clausole sono criticate per disorientare i critici, ma nella sostanza l'intero contenuto reazionario e l'importanza strategica che essi hanno per le esigenze del grande capitale sono oscurate".

Per il KKE è indispensabile scontrarsi con l'opportunismo che si sta sviluppando nelle file di alcuni partiti comunisti. Non basta difendere il nome e i simboli comunisti per prevenire la "mutazione". Alcuni partiti si fanno ingannare da concetti ormai privi di significato e legati a linee di divisione del passato come quello di "sinistra".

Per quanto riguarda la prospettiva strategica del KKE è sintetizzabile in questo brano dell'intervento dell'allora segretaria Aleka Papariga al secondo meeting comunista europeo. 

"Noi presentiamo apertamente al popolo la necessità di lottare per la cancellazione unilaterale del debito, ovvero il suo non riconoscimento, perché il suo riconoscimento porta a negoziati che significano nuovi memoranda e nuove misure. Allo stesso tempo, noi evidenziamo la necessità per il popolo di lottare per il disimpegno dall'Unione Europea. Noi spieghiamo le ragioni per le quali disimpegno e cancellazione del debito comportano la lotta per il potere popolare, con la socializzazione dei monopoli, lo sviluppo pianificato che utilizzerà l'esistente potenziale di crescita del paese, il ritiro dalle guerre imperialiste e dagli accordi per le paci imperialiste, il ritiro dalla NATO, la lotta per relazioni economiche internazionali mutuamente benefiche".
Il KKE aggiunge che l'assunzione di posizioni di governo nell'ambito del sistema borghese porta inevitabilmente all'assimilazione dei partiti comunisti.

Le posizioni dei comunisti greci sono sempre meno condivise tra i maggiori partiti comunisti, anche quelli che si basano sul "marxismo-leninismo", come dimostra la riunione che si è tenuta a Mosca nel mese di dicembre del 2012 sulle prospettive del "movimento comunista". Il rappresentante del PC Greco ha sottolineato le differenze di analisi e di strategia con gli altri partiti presenti, confermando la necessità di quel "polo comunista" all'interno del movimento, che riunisce i partiti (per lo più minuscoli) che aderiscono almeno sul piano ideologico alle tesi del KKE.

Nell'intervento di Jo Cottenier, del Partito del Lavoro Belga (PTB, di origine maoista), al secondo meeting si rileva come fra i partiti presenti emergano tre diverse posizioni:


"Tuttavia è gioco forza constatare che vi sono tre strategie differenti - al di fuori di quella del Partito della Sinistra Europea - che coesistono tra noi sull'atteggiamento in rapporto all'Unione Europea e soprattutto sulla parola d'ordine della sovranità nazionale. Vi sono dei partiti che difendono il ritorno o il rafforzamento della sovranità nazionale come rivendicazione intermedia, per creare migliori condizioni per la rivoluzione socialista; vi sono dei partiti che respingono la sovranità nazionale come parola d'ordine nell'ambito del capitalismo ma che preconizzano la rivoluzione a livello nazionale, come mezzo per uscire dall'Unione Europea e di costruzione di un'altra Europa." Il PTB si presenta come sostenitore di una terza posizione, "sicuramente minoritaria".


Il PTB non riconosce sostanziale differenza tra il carattere capitalistico dello Stato nazionale e il carattere capitalistico dell'Unione Europea, pertanto propone di lanciare delle campagne politiche unitarie a livello europeo con obbiettivi comuni. Non si tratta di accettare l'Unione Europea, ma partire dal punto di vista che essa esiste e che non scomparirà realmente che con la rivoluzione socialista. Anche se ci saranno delle divisioni non si tornerà alla situazione precedente al Trattato di Roma. "Perché dunque non abituarsi a pensare e ad agire a livello del continente come fanno i padroni, la borghesia...fino al Partito della Sinistra Europea."

Il Meeting non ha approvato un documento politico ma solo delle brevi dichiarazioni. La principale si intitola "Per il rafforzamento della classe operaia in Europa". In essa si chiama i lavoratori "a resistere con decisione alla strategia anti-popolare dell'Unione Europea che come unione imperialista interstatale esprime gli interessi dei monopoli e delle multinazionali a spese dei popoli". Si può notare come non venga definita come parola d'ordine comune l'uscita (o il disimpegno, dalla UE, per dissensi su questa parola d'ordine o perché il Meeting comprende anche partiti che non fanno parte dell'Unione.

I partecipanti al secondo meeting del 2012 sono stati i seguenti:

Partito Comunista Operaio di Bielorussia
Partito del Lavoro del Belgio
Nuovo PC Britannico
PC di Bulgaria
AKEL Cipro
PC di Boemia e Moravia
PC in Danimarca
PC di Danimarca
PC Operaio Finlandese per la pace e il socialismo
Polo per la Rinascita dei Comunisti in Francia
Unione dei comunisti rivoluzionari di Francia URCF
PC Unificato di Georgia
PC Tedesco (DKP)
PC Greco
PC Operaio Ungherese (ora Partito Operaio Ungherese)
Partito dei Lavoratori d'Irlanda
PC Irlandese
Comunisti-Sinistra Popolare, Italia
Partito dei Comunisti Italiani
Partito Socialista di Lettonia
PC del Lussemburgo
Nuovo PC dei Paesi Bassi
PC di Norvegia
PC dell'Unione Sovietica
PC della Federazione Russa
Nuovo PC di Yugoslavia
PC dei Popoli di Spagna
PC di Svezia
Partito del Lavoro Svizzero
PC di Turchia
PC d'Ucraina
Unione dei comunisti di Ucraina.

Fra i maggiori PC assenti: il PC Francese, il PC Spagnolo, il PC Portoghese (presente al primo meeting), il PRC, il PC di Bielorussia (presente al primo meeting), il PC della Repubblica di Moldavia.

Franco Ferrari

domenica 18 agosto 2013

Note sulla sinistra alternativa europea (III): Il Partito della Sinistra Europea

Il Partito della Sinistra Europea è stato fondato nel maggio 2004 a Roma. E’ utile sintetizzare il percorso che ha portato alla creazione di questo partito sovranazionale, seguendo per questo la ricostruzione che ne ha fatto Helmut Ettinger della Linke tedesca. Tra le forme preesistenti al Partito vi erano il NEL e il GUE/NGL dei quali ho già trattato. La forma flessibile del NELF era per diversi partiti ed è tutt’ora il tipo di collegamento preferito mentre, per altri, da quell’esperienza è nata l’esigenza di creare un partito comune di livello europeo.

Tra il 1996 e il 1998 il leader dei maggiori partiti di sinistra europei si sono incontrati per tre volte a Madrid e a Berlino per definire una posizione comune sulla politica europea al massimo livello. Quel tipo di incontro tuttavia, definito da qualcuno un po’ ottimisticamente il “processo di Madrid”, non è proseguito negli anni successivi. Al meeting di Berlino del 5 giugno 1998, l’allora presidente della PDS Lothar Bisky sollecitò la ricerca di nuove forme comuni di collaborazione politica che andassero oltre il NELF e il GUE/NGl.

lunedì 12 agosto 2013

Note sulla sinistra alternativa europea (II): Il Gruppo unitario al Parlamento Europeo (GUE/NGL)



La sinistra alternativa, nonostante le differenze che la attraversano, è riuscita a convivere dal 1994 dentro un unico Gruppo nel Parlamento europeo. La fondazione del Gruppo non è stata per niente facile, ma sicuramente hanno spinto a tale esito, oltre la volontà politica di molti partecipanti, i meccanismi propri con i quali è organizzato il Parlamento dell'Unione Europea, che tendono ad emarginare, in termini di influenza, supporto organizzativo e materiale nonché finanziamento, i parlamentari che non facciano parte di alcun gruppo. 
La presenza organizzata dei comunisti nel Parlamento europeo, che all'inizio non disponeva praticamente di alcun potere reale ed era poco importante anche come sede di dibattito politico, risale a prima dell'elezione diretta da parte dei cittadini, iniziata nel 1979. Le presenze predominanti del gruppo comunista erano quelle del PC italiano e francese, che avevano tra loro orientamenti diversi sull'integrazione europea, favorevole il primo, scettico il secondo.  
Nel 1979, nel primo parlamento ad elezione diretta, si forma il gruppo dei comunisti ed apparentati, nel quale oltre a PCF e PCI che, dopo il declino del movimento eurocomunista, iniziano un percorso che li porterà progressivamente ad allontanarsi sempre più, è presente il Partito Socialista Popolare danese. Successivamente entrano anche i comunisti del sud Europa (greci, portoghesi e spagnoli) che portano però orientamenti molto diversi sull'Europa e sulla politica internazionale. Nel 1989 il gruppo comunista si divide. Il PCI, impegnato nel processo di mutamento in direzione socialdemocratica e social-liberale costituisce un nuovo "Gruppo della Sinistra Unitaria (GUE)", dove il termine "unitaria", anziché "unita" implica la volontà di guardare al gruppo del Partito Socialista Europeo ed in misura minore ai Verdi. Le altre orze comuniste "ortodosse" (francesi, greci, e portoghesi) danno vita ad un proprio gruppo, la Coalizione delle Sinistre, al quale aderisce anche un parlamentare del Partito Operaio Irlandese (che ha le proprie radici nell'ala marxista del'IRA e del suo braccio politico, il Sinn Fein). 
Durante il corso della legislatura il PCI abbandona il GUE ed entra nella socialdemocrazia, mentre altre forze come Izquierda Unida sembrano orientate ad entrare nei Verdi. Le elezioni del 1994 segnano un notevole successo di Izquierda Unida e una buona affermazione di Rifondazione Comunista e del Partito del Socialismo Democratico. Non senza difficoltà si determinano le condizioni per costruire un gruppo unitario che prende nome di "Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea". La sottolineatura della "confederalità" serve a garantire i vari componenti che gli orientamenti del gruppo non hanno valore costrittivo per le singole delegazioni, che potranno decidere liberamente il loro comportamento. 
Come si può vedere, al di là di una certa genericità, la dichiarazione ha una impronta nettamente europeista, anche se fortemente critica verso l'impianto seguito nella costruzione dell'Europa dalle classi dominanti. 
Il Gruppo viene allargato e modificato nella sua denominazione con l'ingresso nel 1995 dei paesi scandinavi. Fra i nuovo parlamentari vi sono i rappresentanti del Partito di Sinistra svedese e dell'Alleanza di Sinistra finlandese. D'ora in avanti si chiamerà Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/ Sinistra verde nordica (GUE/NGL). Nel tempo subirà della modifiche dovute all'ingresso o alla scomparsa di altre forze politiche (come con la temporanea presenza dei trotskisti francesi o con la scomparsa della sinistra comunista italiana).

Il documento costitutivo afferma che "Il gruppo confederale della Sinistra Unitaria Europea è il raggruppamento di differenti componenti politiche del gruppo, ciascuna delle quali conserva la sua identità propria e si impegna a rispettare le posizioni degli uni e degli altri. Il gruppo è disposto ad accogliere altre forze politiche ed altri deputati a titolo individuale purché essi sottoscrivano alle linee del programma comune sviluppato di seguito. Al di là dei differenti approcci delle sue componenti, il Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea è profondamente attaccato alla costruzione europea, benché di un tipo differente da quella attualmente in corso: una costruzione basata  su istituzioni pienamente democratiche e impegnata prioritariamente a dar vita ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile in grado di risolvere i problemi più gravi ai quali siamo confrontati attualmente - tasso di disoccupazione enorme e crescente -, a preservare l'ecosistema, a creare uno spazio sociale comune che offra diritti uguali al più alto livello a tutti i cittadini. (...) In altri termini un'Europa differente che faccia tabula rasa del deficit democratico tale quale è confermato dal trattato di Maastricht e delle politiche monetariste e neoliberali che l'accompagnano. (...) Il contenuto attuale dei trattati dovrà essere modificato al fine di mettere sui giusti  binari un'Europa capace di costruire relazioni nuove ed eque con le altre regioni del mondo, soprattutto europee. (...) L'Europa deve impegnarsi a rafforzare la CSCE (Conferenza per la sicurezza e la cooperazione europea) e a dotarla di strumenti propri a risolvere i problemi della sicurezza comune, dissolvendo tutte le strutture, quali la NATO e l'UEO che sono dei relitti della politica dei blocchi ereditati dalla guerra fredda."
Il Gruppo è riuscito ad avere un'influenza, pur in presenza di differenze di impostazione e vere e proprio divisioni tra i vari partiti che ne fanno parte?
Il PC Francese ha stilato un bilancio, in occasione delle elezioni parlamentari europee del 2009, sottolineando che i parlamentari del GUE/NGL sono stati spesso "i soli ad opporsi a tutte le politiche liberiste che pongono i diritti del capitale al di sopra dei diritti del mondo del lavoro. Tre esempi di battaglie a livello europeo associate a lotte condotte nazionalmente nei paesi europei vengono ad illuminare questo ruolo utile:  
1) Nel 2006, i deputati del GUE sono riusciti a far respingere la direttiva portuale appoggiandosi ai movimenti che hanno unito i lavoratori dei porti. Si sono anche battuti contro la circolare Bolkenstein e, con la pressione popolare, hanno potuto ottenere degli emendamenti. La direttiva sui "servizi", votata dal Partito Socialista europeo e dai Verdi europei è una incitazione alla concorrenza tra i popoli per fare pressione sui salari e le prestazioni sociali. 
2) I deputati del GUE hanno partecipato al blocco della direttiva "tempi di lavoro", in collegamento con le forti mobilitazioni sindacali. Questa direttiva, sostenuta dal commissario del Partito Socialista Europeo, responsabile degli affari sociali della Commissione europea, e da Sarkozy e Berlusconi nel Consiglio europeo,  si proponeva di alzare sino a 65 ore l'orario di lavoro settimanale. 
3) Il ruolo dei nostri deputati del GUE sono stati essenziali nel 2004 quando hanno reso pubblico il progetto di trattato costituzionale, mentre tutti gli altri deputati europei - di destra, socialisti, verdi - avevano accettato la confisca del processo. 
Attualmente il GUE/NGL è composto dai seguenti partiti, di cui riporto il rispettivo numero dei parlamentari e la percentuale di voti ottenuta nelle ultime elezioni europee del 2009:

AKEL (Cipro) 2/34,90
PC di Boemia e Moravia 4/14,18
Laburisti Croati- Partito del Lavoro 1/5,77
Movimento popolare contro l'UE 1/7,20
Fronte di Sinistra (Francia) 5/6,48
Linke (Germania) 8/7,60
PC Greco 2/8,35
Syriza 1/4,70
Partito Socialista Irlandese 1/2,70
Partito Socialista Lettone 1/
Partito Socialista (Paesi Bassi) 1/7,10
Blocco di Sinistra (Portogallo) 2/10,72
CDU-PC Portoghese 2/10,64
Izquierda Unida (Spagna) 1/3,71
Partito di Sinistra (Svezia) 1/7,14
Sinn Fein 1/11,20(Irlanda) 25,80 (Irlanda del Nord)
Indipendenti 1 (ex Partito Socialista olandese)
Non è possibile conteggiare i voti del Partito Socialista Lettone in quanto partner minore di una coalizione di centro-sinistra, il Centro dell'Armonia, che ha ottenuto il 19,65. 
Sono complessivamente 35 parlamentari sui 766 che ne conta complessivamente il Parlamento Europeo. I gruppi principali attualmente sono i Popolari (centro-destra) 264, Socialdemocratici 195, Liberali 85, Verdi 58, Conservatori 56, Europa Libertà e Democrazia (destra euroscettica e xenofoba) 33.  
Al GUE sono associati anche partiti attualmente non rappresentati al Parlamento europeo o di Paesi che non fanno parte dell'UE ma che hanno relazioni con essa e sono influenzati dalle sue scelte politiche. Questi sono: il PRC ed PdCI italiani, l'Alleanza di Sinistra finlandese, la Sinistra lussemburghese, il Partito Socialista di Sinistra norvegese, il Partito Svizzero del Lavoro.
I partiti componenti o associati al GUE/NGL hanno ottenuto complessivamente alle elezioni europee (dove la partecipazione al voto è in genere molto più bassa che alle elezioni politiche nazionali) 7.830.000 voti. Di questi il grosso è stato ottenuto dalla Linke 1.968.000 voti, il Front de Gauche 1.115.021, la lista PRC-PdCI 1.037.000, Izquierda Unida 588.000, il PC Greco 428.000, il Blocco di Sinistra portoghese 382.000, il PC Portoghese 379.000, il PC Boemo-Moravo 334.000, il Partito Socialista Olandese 323.000. 
Per quanto riguarda il rapporto tra GUE/NGL e Partito della Sinistra Europea, dei 35 parlamentari si possono considerare 17 appartenenti a partiti membri dell'SE, 6 di partiti componenti dell'SE come osservatori, 12 non appartenenti all'SE di cui 5 membri di partiti comunisti "ortodossi". In genere la Sinistra Europea riesce ad ottenere più firme di sostegno da parlamentari, di quanto non siano i membri di partiti aderenti. Nella precedente legislatura europea ne aveva ottenute 26 o 27 a seconda degli anni.
Se si considerano i voti, il rapporto è un po' diverso. I Partiti aderenti alla Sinistra Europea raccolgono circa 5.200.000 voti, quelli che hanno lo status di osservatore ne raccolgono circa 840.000 (ho diviso il voto della lista PRC-PdCI, con 60 al primo e 40 al secondo). Complessivamente oltre 6 milioni di voti su poco meno di 8 milioni. La presidente del gruppo è attualmente Gabi Zimmer della Linke che è subentrata a Lothar Bisky, dimessosi per ragioni di salute. L'elezioni di Bisky era stata contrastata dal KKE in quanto egli era contemporaneamente anche Presidente della Sinistra Europea (poi sostituito da Pierre Laurent del PCF).

Franco Ferrari